Sette per uno: lo scrittore Dario Tonani ci parla di “Seven Sisters”
Dario Tonani: Giornalista professionista e scrittore, autore della saga di Mondo9 (Mondadori). Ha pubblicato cinque romanzi e più di 120 racconti sulle maggiori testate di genere italiane (Giallo Mondadori, Segretissimo, Urania, Millemondi, Robot), antologie e quotidiani nazionali. Parte della sua saga è uscita negli Stati Uniti e in Giappone; nel 2018, il nuovo libro approderà in Oscar Mondadori.
“Sono sette. Lunedì, Martedì, Mercoledì… Uscirete solo il giorno corrispondente al vostro nome. Ma fuori da qui, tutte voi userete una sola identità”.
Questa l’idea (per nulla banale), questo l’intrigo. Un mondo al collasso, alle prese con la peggior crisi della storia dell’umanità: sovrappopolazione ingestibile, inquinamento alle stelle, mancanza di risorse per garantire un futuro a tutti, tanto da spingere le autorità, guidate da una donna algida e spietata, ad adottare un ferreo controllo demografico: la famigerata “Politica del figlio unico”.
Quello di Seven Sisters (“What Happened to Monday”, 2017), action thriller dal mood orwelliano del giovane regista norvegese Tommy Wirkola, è un tema caro alla fantascienza sociologica e ancora di più alla New Wave degli anni Sessanta, che sui rischi dell’esplosione demografica ci la lasciato almeno due classici a tutt’oggi considerati autentici pietre miliari della narrativa distopica: Largo! Largo! (1966) dell’americano Harry Harrison, ambientato in una New York alle soglie del 2000, popolata da 35 milioni di anime, da cui è stato tratto il film (con un superlativo Charlton Heston) 2022: i sopravvissuti del 1973 (cent’anni prima del contesto temporale di Seven Sisters; un omaggio consapevole?), e il monumentale Tutti a Zanzibar (1968), dello scrittore britannico John Brunner, che esplora le conseguenze sociali, politiche, culturali e psicologiche di un mondo sovrappopolato di appena un decennio successivo all’ingresso nel nuovo millennio.
Nella pellicola di Wirkola, però, il controllo demografico è solo il “muso duro” del sistema, il tentativo disperato (e mistificatorio) dell’autorità di porre un argine a una crescita demografica fuori controllo, che corre a livelli insostenibili: basti pensare che “In soli quattro giorni si contano un milione di persone in più sul pianeta”. Ma c’è dell’altro: due mondi contrapposti e inconciliabili.
Da un lato, uno stato di polizia che, non soltanto nelle atmosfere, ricorda molto da vicino pellicole cult come 2013, La Fortezza (altra distopia a tema demografico, del 1992, in cui è illegale mettere al mondo un secondogenito), Matrix (1999), Minority Report (2002) e persino Snowpiercer (2013, anche qui potere e cinismo sono incarnati da un volto femminile); dall’altro il cittadino comune, che si trova costretto, in una routine disumanizzata, a difendere con ogni mezzo – e a costo della propria libertà – la sopravvivenza stessa degli affetti più cari. Ecco quindi intrecciarsi il tema dello scambio di persona e dell’identità multipla, che tanto ha dato al cinema e alla letteratura non solo di fantascienza (per rimanere al genere, ne citiamo uno per tutti: Gattaca, del 1997).
Il film si sviluppa su questo duplice binario e lo fa in un tripudio di citazioni e in un crescendo continuo di ritmo che non è tanto tipico del genere distopico “adulto” (solitamente più lento e introspettivo), quanto piuttosto del thriller e dell’action movie tout court. Con adrenalina e colpi di scena che ne fanno una pellicola trasversale. Merito forse anche della scelta, imposta dal regista, di modificare il soggetto originale (nella “Black List” delle migliori sceneggiature non ancora prodotte) e di praticare un radicale ribaltamento di genere: non più sette fratelli, come previsto dal primo script di Max Botkin, ma sette gemelline. Con intuibili sviluppi, che ci guardiamo bene dallo spoilerare. Da vedere!