Filmografia di Moore e il videogiornalismo d’inchiesta

“I documentari hanno rimpiazzato il giornalismo investigativo”: l’inarrestabile Michael Moore lo diceva già nel 2013 e la conferma è Fahrenheit 11/9, il suo ultimo documentario sulle elezioni del 2016 negli Stati Uniti, in cui si interroga su come sia potuto succedere che Donald Trump sia diventato presidente. Il film, che nel titolo richiama il precedente Fahrenheit 9/11 del 2004, sulla guerra al terrorismo dell’amministrazione di George W. Bush dopo l’attentato alle Torri Gemelle, sarà distribuito in DVD e Blu-Ray da Koch Media per Lucky Red a partire dal 17 gennaio.

Oltre all’amara critica della gestione delle primarie e della successiva campagna elettorale dei democratici, in Fahrenheit 11/9 Michael Moore si sofferma su alcuni temi già affrontati in passato: la sua città d’origine – Flint, nel Michigan, che sta affrontando una grave crisi a causa dell’acqua contaminata dal piombo -, la disoccupazione, la crisi economica e la lotta alle armi, rappresentata dai movimenti giovanili nati dopo il massacro alla Marjory Stoneman Douglas High School.

Il diritto al lavoro e alla salute e la lotta al capitalismo nella filmografia di Moore

Sin dal suo esordio alla regia, Michael Moore ha scelto di raccontare i problemi dei lavoratori, i danni causati dal capitalismo e dalla ricerca del profitto, anche a scapito della salute. Il suo primo documentario è Roger & me, che racconta le sue peripezie per incontrare il presidente della General Motors, Roger Smith, per chiedergli conto della chiusura della fabbrica di Flint, nonostante  gli enormi profitti realizzati dalla società. Moore non riuscirà ad intervistarlo, ma il risultato è un documentario divertente ma allo stesso tempo molto amaro, che mostra le conseguenze del taglio di 35mila posti di lavoro per l’economia di un’intera città. Proprio su questo tema lo porterà a scrivere il suo primo libro, Downsize This! e a girare un altro documentario, The Big One, durante il tour promozionale in librerie, teatri, università e perfino chiese. Nel 2006, invece, arriva Sicko, il documentario che critica il sistema sanitario statunitense che riserva le cure migliori alle classi più abbienti ed è in mano alle grandi e potenti lobby delle assicurazioni e del farmaco. In Capitalism: a love story, Moore ricostruisce la crisi finanziaria mondiale scoppiata nel 2006 a causa dei mutui subprime, mentre in Where to invade next scimmiotta il Pentagono e decide di “invadere” l’Europa, allo scopo di osservare gli stili di vita e le condizioni dei lavoratori e di importarle negli Stati Uniti.

L’Oscar per Bowling a Columbine e la Palma d’oro per Fahrenheit 9/11

È con Bowling a Columbine, però, che il talento di Michael Moore viene riconosciuto a livello internazionale: il documentario – premiato con l’Oscar e con il Gran premio della Giuria a Cannes – prende il titolo dal massacro della Columbine High School, dove due studenti armati di fucile uccisero 12 compagni e un insegnante prima di suicidarsi.

A due anni dal successo di Bowling a Columbine, Michael Moore torna dietro al Festival di Cannes con Fahrenheit 9/11, un duro atto di accusa all’amministrazione Bush dopo gli attentati dell’11 settembre alle Torri Gemelle: il documentario, che rivela i presunti legami tra la famiglia Bush, la famiglia reale saudita e la famiglia Bin Laden, mostra tutte le contraddizioni della guerra al terrorismo e viene premiato con la Palma d’oro dalla giuria presieduta da Quentin Tarantino. Sul palco di Cannes, Michael Moore denuncia che non è stato ancora trovato un distributore per gli Stati Uniti: una cordata costituita dai fratelli Weinstein, Lionsgate Films e IFC Films fonda una società apposita per distribuire in sala Fahrenheit 9/11, che si rivelerà poi il documentario ad aver incassato di più nella storia del cinema.

Da Fahrenheit 9/11 a Fahrenheit 11/9

E arriviamo così agli anni più recenti, quelli che hanno visto il repubblicano Donald Trump raggiungere la presidenza degli Stati Uniti: nel docu-film Michael Moore in Trumpland, il regista sale sul palco di una cittadina dell’Ohio, roccaforte elettorale dei repubblicani, per  raccontare i punti di forza della candidata democratica, Hillary Clinton, ma è uno dei primi a ipotizzare che Trump potrebbe anche vincere. A sorpresa, infatti, il tycoon conquista le elezioni presidenziali: alla dura sconfitta dei democratici, Michael Moore dedica Fahrenheit 11/9, ispirato al suo Fahrenheit 9/11 e alla data di proclamazione di Trump a presidente degli Stati Uniti, avvenuta proprio il 9 novembre 2016. In questo documentario, oltre alla critica per la gestione delle primarie da parte del Partito Democratico, che sta vivendo una profonda crisi a causa del distacco dai propri elettori, e a una severa descrizione di Trump (un “tiranno, bugiardo e razzista”, paragonato addirittura a Hitler), Michael Moore riprende alcune delle tematiche che lo hanno reso famoso: la salute dei cittadini di Flint, messa in pericolo a causa delle scelte scellerate dei politici locali che hanno permesso che nelle condutture cittadine arrivasse acqua contaminata dal piombo. La speranza per il futuro è racchiusa nella nuova generazione di candidati democratici, che hanno deciso di scendere in campo sfidando anche l’establishment del partito, e nei movimenti giovanili che si sono formati dopo il massacro alla Marjory Stoneman Douglas High School e che rivendicano il controllo delle armi.

Fahrenheit 11/9 è stato presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma ed è stato distribuito nelle sale in occasione di un evento speciale: se ve lo siete persi, è il momento di recuperare: il DVD e il Blu- Ray sono disponibili dal 17 gennaio.